TARTUFICOLTURA
Il futuro del tartufo, specie di quello nero, pregiato o scorsone che sia, è nella tartuficoltura. Infatti la produzione naturale di tartufi è in netto calo in tutto il territorio nazionale italiano che, qualitativamente, è il principale produttore mondiale di questi preziosi funghi ipogei.
I motivi di questa crisi di produzione sono molteplici e di portata assai diversa: il cambiamento climatico di questi ultimi decenni, l’abbandono della montagna con il venir meno della benefica azione del pascolo e conseguente infittimento dei boschi, l’eccessivo sfruttamento delle tartufaie sono tra i principali fattori che stanno determinando
Ecco perché realizzare un impianto tartufigeno ha, e avrà, un senso sempre maggiore. Possedere un proprio appezzamento di terra riservato o recintato, poter annaffiare le piante, poterle curare e rispettarne le fasi e i periodi produttivi, garantisce il ripristino delle condizioni ideali per la produzione del tartufo.
Tutte queste considerazioni sono alla base delle linee guida a cui si ispira l’azione e la promozione di Quercus Tartufi, che tende ad incentivare la realizzazione di impianti tartufigeni, secondo la metodologia portata avanti nello spoletino, in ben quaranta anni di esperienza, da uno dei pionieri della tartuficoltura italiana, Domenico Manna. Nella seconda metà degli anni ’70, dopo essere passato dalla dipendenze della Regione dell’Umbria a Direttore Tecnico della Comunità Montana dei Monti Martani e del Serano con sede in Spoleto, realizzò un vivaio gestito dallo stesso Ente, avviando la produzione di piante micorrizate secondo il metodo Mannozzi-Torini. Sia in questo campo che in quello della tartuficoltura, attivò una collaborazione tecnico-scientifica con l’Università degli Studi di Perugia – Facoltà di Agraria, con il CRA Istituto Studio e Difesa del Suolo di Rieti e con la Sezione dell’Istituto di Genetica Vegetale del CNR di Perugia.
Ha poi realizzato diversi impianti tartufigeni sperimentali, curandone personalmente tutte le fasi della loro vita produttiva, sperimentando metodi di irrigazione, di potatura, di lavorazione del terreno, di miglioramento del terreno e di pacciamatura, fra cui un impianto personale per approfondire meglio alcune ipotesi sul miglioramento di alcuni aspetti della coltivazione del tartufo, impianto che è a tutt’oggi un luogo di continua sperimentazione e ricerca.
Nel 2003 è andato in pensione ma non ha certo smesso di coltivare la sua passione per il tartufo, anzi, ha sfruttato tutto il tempo a sua disposizione dapprima per fondare l’Associazione Tartufai- Tartuficoltori Pietro Fontana, che conta ad oggi quasi 200 iscritti, tutti possessori di una tartufaia coltivata o controllata, con i quali è in continuo contatto e attraverso i quali continua ad accumulare informazioni di esperienza diretta sul terreno, poi per intraprendere un percorso di ricerca storia e antropologica sul tartufo che lo hanno portato a pubblicare articoli su numerose riviste specializzate, anche francesi (Le Trufficulteur).
La sua ultime fatiche letterarie sono due libri di grande successo, “Il tartufo nero di Norcia o di Spoleto”, e “Il Tartufo e la Tratuficoltura in Italia“ la cui prefazione è stata scritta dal luminare francese della tartuficoltura Gerard Chevalier, amico ed estimatore di Domenico Manna, presente in prima fila alla presentazione di entrambi i libri.